LA MALEDIZIONE DEL “dio” DENARO
Di Padre Giulio Albanese
Sono cinque le banche finanziarie internazionali e tre i macro hedge fund (fondi speculativi) che da soli movimentano l’86% del mercato dei “derivati”. È un attacco frontale coordinato contro banche centrali e governi. Ecco come funziona il meccanismo e perchè va cambiato.
Nessuno ha la fortuna di avere tra le mani una sfera di cristallo per prevedere cosa accadrà nel 2012 in quanto lo scenario finanziario internazionale è ancora estremamente fluido. Il problema di fondo è la speculazione finanziaria mondiale, un fenomeno a dir poco aberrante, mosso da un unico principio: quello di fare soldi, tanti, e il più in fretta possibile. Avidità sfrenata, unita ad una buona dose di delirio di onnipotenza da parte di “certi poteri”, sta causando disastri epocali. Stiamo parlando, intendiamoci, di soggetti finanziari totalmente insensibili, dunque sprovvisti di alcuna morale, rispetto alle ripercussioni socio–politico-economiche delle loro azioni: dalle recessioni in atto in molti Paesi, alla distruzione di milioni di posti di lavoro, causando peraltro milioni e milioni di nuovi poveri per fame su scala planetaria.
È curioso che la stampa nostrana parli ogni giorno della crisi dei mercati senza però spiegare chi siano gli artefici di questo terremoto speculativo. Sono cinque banche finanziarie internazionali e tre macro hedge fund (fondi speculativi) che movimentano da soli l’86% del mercato dei “derivati” (i prodotti finanziari che hanno inquinato i mercati) che si svolge per circa il 70% sul circuito Otc, ovvero, tradotto in italiano corrente, al di fuori di ogni regolamentazione e controllo pubblico indipendente. Ma non è tutto: il valore nominale dei derivati in giro per il mondo è stato stimato attorno ai 700mila miliardi di dollari, vale a dire 13-14 volte il Prodotto interno lordo mondiale. Insomma, la cosa assurda è che questi stessi speculatori, alla prova dei fatti, sono giocatori e arbitri d’ogni partita, mentre chiunque tenti di fermarli è comunque perdente. Neanche mettendo insieme tutte le banche centrali del pianeta si potrebbe impedire un attacco frontale coordinato degli otto soggetti sopra citati, per il semplice motivo che le banche centrali, per statuto, possono solo intervenire sul mercato cash (quello della liquidità), mentre gli altri vanno “a leva”. Tradotto in un gergo più comprensibile, per i non addetti ai lavori, basti pensare che per ogni mille euro o dollari messi in campo dalle banche centrali, le banche finanziarie già citate rispondono mediamente con contratti nominali (per intenderci, movimenti di denaro, spesso “tossico” e quindi “fasullo” in via telematica, grazie alle continue sofisticazioni di ingegneria e matematica applicata alla finanza) pari a 100.000.000 - 500.000.000 di euro o dollari.
Gli esempi negli ultimi 20 anni non sono certo mancati: dal Giappone nel 1989 a Soros contro la sterlina e la vecchia lira nel 1991-1992; dal Messico ed America Latina del 1997 alla Russia e il Sud-Est asiatico del 1998; dalla bolla Internet del 2000 all’Argentina nel 2001, fino ad arrivare agli esempi odierni di Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna ed Italia. Intanto i venti di guerra spirano sempre più forti un po’ a tutte le latitudini, dall’Iran all’Afghanistan, dalla Palestina al Corno d’Africa, per non parlare della Nigeria. E guarda caso, come al solito, da quelle parti gli interessi sono tutti concentrati sul controllo delle immense risorse petrolifere o comunque sul fatto che quei Paesi si trovano sulle direttrici commerciali dell’oro nero. È evidente, perciò, che sta crollando un sistema il quale ha generato un mostro in grado di fare disastri non solo nei Paesi del Sud del mondo, ma anche in quelle nazioni ritenute potenze industriali. Inoltre, anche l’ascesa di quei Paesi emergenti con un prodotto interno lordo (Pil) in crescita, meglio noti con l’acronimo Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), va presa col beneficio d’inventario.
Perché se da una parte è vero che questi Paesi hanno fatto dell’economia reale il loro cavallo di battaglia, mettendo al primo posto le attività produttive a costi irrisori rispetto all’Occidente, anch’essi non hanno preso sul serio la questione sociale, acuendo forti ingiustizie e sperequazioni. Per cui, se da una parte abbiamo Stati Uniti ed Europa che si sono trasformati in zone di consumatori (oggi peraltro senza quattrini da spendere, indebitati come sono), dall’altra vi sono i Brics che producono a tutto spiano, dimenticando che la “domanda”, commercialmente parlando, non può venire solo dall’estero ma deve anche essere “interna”. D’altronde, gli standard di democrazia, in Paesi come Cina e Russia, impongono un contenimento dei consumi interni procapite poiché si teme la contestazione dei sistemi centralizzati del potere.
Economisti e politici illuminati auspicano la convocazione di una nuova “Bretton Woods”, ovvero una “Conferenza internazionale” in cui decretare la penalizzazione di ogni forma di “speculazione”, per stabilire “parità monetarie” che consentano un sano sviluppo del commercio a lungo termine finalizzato allo sviluppo di tutti i popoli. Un’indicazione caldeggiata da tanta società civile su scala planetaria, ma rimasta sulla carta. La proposta di una nuovo corso, affinché le leve economiche tornino in mano agli Stati sovrani, costituisce una sfida epocale all’ideologia liberista. Concretamente questo significa tornare a conferire agli Stati il potere non solo di creare il credito, ma anche di battere moneta. Lungi da ogni disfattismo, qui si tratta di rivedere radicalmente le regole del gioco, tenendo conto, come cristiani, dell’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa che non solo afferma il primato della persona umana sul mercato, ma esige anche che il Bene Comune sia garantito dalla solidarietà e dalla sussidiarietà, rendendo tutti corresponsabili del proprio presente e del proprio futuro.
Leggi anche: parabola